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KOBANE IS CALLING: LA DEMOCRAZIA AUTORITARIA TURCA ATTACCA LA DEMOCRAZIA POPOLARE DEI KURDI NEL ROJAVA

11 ottobre 2019 Scritto da redazione

di David Arboit

La Federazione Democratica del Rojava, collocata nella parte settentrionale della Siria, nel cosiddetto Kurdistan siriano, è sotto attacco. Al di là delle manovre di potere tra potenze mondiali (Russia, Stati Uniti, Iran, Turchia) ciò che la democrazia autoritaria del Presidente turco di Recep Tayyip Erdogan non può tollerare è che si consolidi una organizzazione politica democratica del popolo curdo (clicca qui).

Intanto si possono osservare alcune contraddizioni.

I sedicenti difensori della democrazia liberale (anche d’esportazione) accettano senza batter ciglio che l’esercito della repubblica autoritaria turca spazzi via l’esperienza democratica del Rojava.

Riguardo al terrorismo si accetta che Erdogan venda come azione antiterrorismo una operazione eseguita reclutando i reduci dell’ISIS e che favorirà il terrorismo dell’ISIS: l’ex Sindaco di Kobane ricorda a tutti che prigionieri dell’esercito della Federazione Democratica del Rojava ci sono 12.000 miliziani dell’ISIS e che indebolire chi li ha in custodia è una follia (clicca qui).

Sarà il “Viet Nam” della Turchia? Vedremo. Secondo Nesrin Abdullah, portavoce delle Unità Femminili di Protezione Popolare (Ypj) la resistenza sarà accanita, fondata sulla guerriglia e possibilmente con l’aiuto di Assad e quindi dei Russi (clicca qui).

Quale l’obiettivo USA? Alberto Negri su “Il manifesto” lo dice chiaramente: gli Stati Uniti hanno venduto la pelle dei Curdi (che hanno usato come carne da cannone contro l’ISIS) per reintegrare la Turchia nella NATO, benché fosse chiaro che Erdogan a suo tempo ha sostenuto l’ISIS e ha strizzato l’occhio a Putin e all’Iran. Gli Stati Uniti affossano, continua Negri, «l’unico esperimento di governo della regione che ricordi uno stato laico europeo» democratico. Persino i parlamentari repubblicani sostenitori di Trump hanno gridato allo scandalo. Un tradimento cinico e senza scrupoli basato su una logica di ragion di stato peraltro assai dubbia nella sua logicità (clicca qui).

Che questa ragion di stato made in USA sia miope e pericolosa se ne sono accorti già in molti. Il Rojava – scrive Negri – potrebbe diventare una nuova base dell’ISIS in vista di una ennesima proxy war locale dove quelli dell’ISIS difenderanno gli interessi della Turchia contro i curdi e contro la Siria di Assad.

Sui rischi di questa real politik USA si soffermano anche “Il foglio” (clicca qui) e “La Stampa” (clicca qui) individuando la stessa questione: si è combattuto con il sangue degli altri l’ISIS, ora forse serve resuscitarlo. Ed è la Turchia che sta schierando sul campo contro i curdi i reduci dell’ISIS, che andranno certamente a liberare i terroristi prigionieri dei curdi. Una operazione che incide pesantemente anche sulla vita quotidiana dei civili e che per l’Europa significa certamente una nuova ondata di profughi.

A corto di legittimità e di consenso internazionale, Erdogan lancia il suo ricatto contro l’Europa: devo ricollocare 3,6 milioni di profughi Siriani, o li metto nel Kurdistan siriano o ve li mando a casa vostra. Che cosa devo fare? Scegliete voi (clicca qui1 clicca qui2).

Riuscirà a sopravvivere la Federazione Democratica del Rojava? Difficile a dirsi. Le relazioni internazionali che interferiscono nella vita di questo piccolo staterello curdo sono complesse, potenti e pericolose come ci indica una recente analisi di Lucio Caracciolo (clicca qui). A queste si aggiungono fragilità interne: una comunità da decenni in stato permanente di guerra non è in grado di consolidare in modo completo, affidabile e duraturo istituzioni democratiche che garantiscano un pluralismo non conflittuale e che eviti di trasformarsi in guerra per bande (clicca qui): tra l’altro da questa analisi del 2017 emerge che era prevedibile e ampiamente previsto che gli USA fossero un alleato inaffidabile.

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